La persona con demenza deve essere considerata alla stregua di un minore al momento del ricovero in ospedale mentre ad oggi questo non accade.
L’emergenza sanitaria ha limitato completamente la possibilità di visita di un proprio congiunto all’interno delle Rsa, Comunità alloggio per anziani e tutti quelle strutture che a vario titolo si occupano di anziani.
Questa scelta risulta essere stata più che giustificata, ma per quanto riguarda un ricovero in ospedale?
Dove non c’è un tempo di preparazione? E conoscenza?
Nella Comunità, l’isolamento per un certo periodo di tempo, seppure doloroso, la persona con demenza può permettersi ancora la possibilità di mantenere le sue abitudini e ritualità.
I professionisti non cambiano, così come gli ambienti rimangono gli stessi, viene così salvaguardata la persona dal punto di vista fisico ma soprattutto mentale.
Ma in un ricovero ospedaliero improvviso questo non avviene.
Una persona con demenza a mio parere dovrebbe essere considerata alla stregua di un minore.
Reisberg ci insegna dopotutto il percorso involutivo della nostra mente in caso di demenza e che cosa vive, sperimenta e limita.
Se pensiamo ad un bambino di due, tre, quattro anni lo lascereste mai in ospedale da solo?
Francamente è un pensiero che ci farebbe stare male eppure questo accade.
Non voglio polemizzare ma offrire una possibilità per ripensare a dei modelli di intervento per le persone che siano veramente centrate sulle PERSONE, che non sono solo un cuore, un fegato, dei polmoni, o avere non un virus, ma sono delle storie che vanno preservate e tutelate.
Ritengo opportuno che a fronte di questa esperienza dolorosa, che ci è letteralmente caduta sopra le nostre teste, possa essere utilizzata per cambiare ciò che non va e promuovere una rivoluzione delle coscienze nell’ambito sanitario e sociale.
Dobbiamo ripensare a protocolli, modelli, azioni che tengano in maggiore considerazione non solo la tutela della salute fisica ma anche quella mentale.
La persona con demenza va aiutata a guarire, senza considerarla un peso, come purtroppo qualcuno pensa, ma soprattutto va creato quel sistema protettivo atto a far guarire il fisico senza dimenticare l’essere stesso.
Lo trovo inaccettabile non permettere ad almeno un familiare di riferimento, con tutte le dovute attenzioni, accortezze, precauzioni, limitarlo nell’essere accanto in un momento così delicato e di grande fragilità.
Dott.ssa Anita Avoncelli