Restituire agency: la dignità della scelta nella fragilità. Una visione educativa ispirata da Anita Avoncelli

In un mondo che corre veloce, dove la fragilità viene spesso nascosta o delegata, esistono professionisti che scelgono di fermarsi, ascoltare e restituire spazio. Tra questi, spicca Anita Avoncelli, formatrice, pedagogista della cura e della fragilità, che da anni conduce seminari, percorsi formativi e laboratori esperienziali dedicati a chi vive e lavora accanto alla vulnerabilità – che sia nei bambini, negli anziani, nelle persone con demenza.

Al centro del suo approccio c’è un concetto potente e profondamente etico: restituire agency.

Cosa significa “agency”?

In ambito psicopedagogico, il termine agency descrive la capacità di un individuo di essere attivo, prendere decisioni, influenzare il proprio contesto e sentirsi autore del proprio agire. È la consapevolezza, anche minima, di poter scegliere, iniziare, partecipare, essere riconosciuti.

Quando si parla di persone fragili – in particolare anziani con demenza, bambini piccoli, persone con disabilità – questa capacità viene spesso messa in secondo piano. I gesti diventano “fatti per loro”, le parole dette “sopra di loro”, le decisioni prese “al posto loro”.

Ma se perdiamo l’agency, perdiamo una parte essenziale della nostra umanità.

Restituire agency nella fragilità

Restituire agency non significa illudere la persona fragile che tutto sia come prima, ma riconoscere che anche dentro la fragilità esiste un desiderio di presenza, partecipazione e significato. Vuol dire offrire:

  • piccoli spazi di scelta (come vestire, dove sedersi, cosa mangiare);

  • ambienti costruiti con cura, dove la persona può muoversi, toccare, decidere, esplorare in sicurezza;

  • relazioni che ascoltano senza sovrastare, che accompagnano senza sostituire;

  • attività che non “allenano”, ma risvegliano: la memoria, il piacere, la dignità, il ricordo.

Avoncelli, nei suoi seminari dal forte impianto esperienziale, invita professionisti, educatori e caregiver a rivedere il proprio sguardo. A spostarsi dal “fare per” al “stare con”. A passare dall’efficienza al significato. A costruire relazioni che non infantilizzano la fragilità, ma la accompagnano con rispetto adulto.

Il valore educativo del limite

Uno dei nuclei più belli del pensiero di Avoncelli è l’idea che la fragilità non annulla la dimensione educativa, anzi: la rende ancora più profonda. Educare, in questi contesti, non significa insegnare qualcosa di nuovo, ma risvegliare ciò che già c’è, spesso nascosto sotto strati di paura, disorientamento o stanchezza.

Nei suoi laboratori, Avoncelli propone esercizi pratici che mettono gli operatori “nei panni dell’altro”: mani legate, occhi chiusi o che si guardano, movimenti rallentati. È lì che si comprende cosa vuol dire perdere l’agency… ed è lì che si apprende quanto possa valere un gesto lasciato fare da soli, una parola restituita alla persona, un tempo rispettato senza fretta.

Un atto di giustizia profonda

Restituire agency non è solo una buona pratica educativa: è un atto politico, etico, di giustizia relazionale. Vuol dire affermare che anche chi ha perso molto non ha perso il diritto a contare, a sentirsi vivo, a esistere nello spazio dell’altro.

Significa credere nel valore della persona oltre la performance, oltre la memoria, oltre la logica dell’efficienza. È l’essenza di una pedagogia della presenza, della cura e della tenerezza, che Avoncelli incarna con rara autenticità.

Conclusione

In un tempo che tende a sostituire, automatizzare, velocizzare, restituire agency è un gesto rivoluzionario. È credere che ogni persona – anche nella fragilità, nella confusione, nel disorientamento – abbia ancora qualcosa da dire, da scegliere, da sentire.

Ed è proprio da questa convinzione che nasce il lavoro di Anita Avoncelli, che in ogni seminario, in ogni gruppo, in ogni dialogo semina una domanda semplice ma potente:
“Cosa possiamo restituire, oggi, a chi non ha più voce?”

Forse la risposta è proprio questa: ascolto, rispetto, possibilità. E tempo per essere, ancora, soggetto di sé.