Montessori e terapie non farmacologiche nelle demenze

Alcune volte mi sento domandare ma come può essere che un modello di intervento pedagogico nato per i bambini possa essere oggi fonte di ispirazione e di aiuto per le persone con demenza?

Come può un approccio nato più di 100 anni fa, essere oggi replicabile al mondo delle demenze?

Forse bisognerebbe prima di tutto capire chi era Maria Montessori, perché oltre ad essere stata una pedagogista di fama mondiale prima di tutto è stata una donna che ha lottato controcorrente per poter far emergere l’infanzia in un mondo che ancora non riconosceva le peculiarità dei bambini e poi una grande scienziata che, senza le metodologie tecnologiche di oggi, ha sfruttato uno degli aspetti fondamentali della nostra capacità umana, l’osservazione.

Secondo la sua visione di metodologia è proprio la libertà, il “lavoro libero” del bambino che permette di far emergere in modo autentico le sue scelte, i suoi interessi, perché risponde ad un suo istinto, capace di dare una concentrazione completa, nelle persone con demenza?

L’ambiente organizzato, o come preferiva utilizzare la dottoressa il termine a”misura di bambino” permette di far emergere la sua reale indipendenza, autonomia e il coinvolgimento attivo, nelle persone con demenza?

L’aspetto interessante è che ciò che venne e viene tutt’oggi applicato in ambito pedagogico per l’infanzia ha una valenza fondamentale anche nell’applicazione delle terapie non farmacologiche di sostegno alle demenze.

E’ come se, più di 100 anni fa il modello educativo nato per i bambini riuscisse oggi ad orientare il nostro sostegno alle persone con demenza, ricalcando i principi di Montessori.

Anita Avoncelli