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È un disturbo del comportamento?

Disturbo del Comportamento nelle Demenze: Non Solo la Malattia, ma un Bisogno Non Compreso

Nelle persone affette da demenza, i cambiamenti comportamentali sono spesso visti come una manifestazione inevitabile e intrinseca della malattia stessa. Comportamenti come l’aggressività, l’ansia, l’irritabilità, la confusione e la difficoltà nell’esprimere desideri o bisogni sono frequentemente interpretati come sintomi della demenza, legati alla progressiva perdita delle funzioni cognitive. Tuttavia, è importante sfatare l’idea che tali disturbi siano esclusivamente causati dalla malattia e far comprendere che, in molti casi, il comportamento problematico dipende da fattori fisiologici non riconosciuti o da bisogni fondamentali non soddisfatti.

La Demenza non è l’unica causa del disturbo comportamentale

Sebbene la demenza influenzi il cervello, alterando le capacità cognitive e comportamentali, non tutti i cambiamenti comportamentali sono direttamente imputabili a essa. In effetti, molti di questi comportamenti sono, nella realtà, un riflesso di fattori fisici e biologici che vanno al di là della malattia neurodegenerativa. La sofferenza fisica, il dolore cronico, infezioni non diagnosticate, o problemi legati all’alimentazione e all’idratazione possono contribuire enormemente alla modificazione del comportamento.

Inoltre, la comunicazione nelle persone con demenza diventa sempre più difficile con il progredire della malattia. Quando una persona non è in grado di esprimere verbalmente un disagio o un bisogno, può manifestarlo attraverso il comportamento, che potrebbe sembrare inappropriato o incoerente senza una comprensione del contesto fisico o psicologico che lo sottende.

Fisiologia e Benessere: Il Corpo Parla

Un aspetto fondamentale da considerare è che molte persone con demenza non sono in grado di comunicare efficacemente se provano dolore fisico. Potrebbero soffrire di mal di stomaco, dolori articolari, costipazione, infezioni urinarie o persino effetti collaterali di farmaci, ma non essere in grado di manifestarlo in modo chiaro. Un comportamento come l’agitazione o l’aggressività potrebbe, in questi casi, essere la risposta a una necessità fisiologica non soddisfatta, piuttosto che il risultato diretto della malattia.

Le difficoltà alimentari, ad esempio, possono derivare da problemi nella masticazione o nella deglutizione, difficoltà a mangiare in modo autonomo, o addirittura una ridotta sensazione di fame e sete. Se la persona non viene correttamente nutrita o idratata, potrebbe comportarsi in modo irrequieto o disorientato. Ecco perché è fondamentale che chi si prende cura delle persone con demenza consideri anche questi aspetti fisici quando si verificano cambiamenti comportamentali.

Bisogni Non Soddisfatti: Un Passaggio Cruciale

Un’altra causa spesso ignorata dei disturbi comportamentali nelle persone con demenza è la difficoltà di soddisfare i bisogni emozionali e psicologici. La mancanza di stimoli, la solitudine, la frustrazione o la paura possono manifestarsi con cambiamenti comportamentali. Se una persona ha difficoltà a comprendere dove si trova, a riconoscere le persone a lei care, o a capire cosa sta accadendo intorno a sé, può sentirsi persa e vulnerabile, il che può portare a reazioni emotive intense, come l’irritabilità o l’aggressività.

In questi casi, un approccio sensibile e centrato sulla persona può fare la differenza. Invece di considerare il comportamento come una “anomalìa” derivante dalla malattia, è essenziale cercare di capire quale bisogno emotivo o fisico non sia stato soddisfatto. La rassicurazione, la stimolazione sensoriale, e l’approccio empatico possono ridurre il disagio e migliorare il comportamento.

L’importanza di una valutazione accurata

Gli operatori sanitari, i caregiver e le famiglie devono essere consapevoli di queste possibili cause fisiche e psicologiche dei cambiamenti comportamentali. Una valutazione accurata e multidisciplinare è essenziale per identificare e trattare eventuali problemi medici non riconosciuti. Esami clinici regolari per monitorare il dolore, le infezioni, le problematiche digestive o la qualità del sonno, così come l’attenzione ai fattori psicologici e ambientali, sono tutti aspetti che possono aiutare a risolvere disturbi comportamentali senza ricorrere a trattamenti farmacologici, che a volte non sono la soluzione.

Conclusioni

In definitiva, sebbene i disturbi comportamentali nelle persone con demenza siano complessi e possano sembrare parte integrante della malattia, è fondamentale non ridurli a semplici sintomi della demenza stessa. Essi spesso nascondono problematiche fisiologiche non comprese o bisogni non soddisfatti che meritano attenzione. Una cura che guardi al paziente nella sua totalità, rispettando e comprendendo le sue necessità fisiche, emotive e psicologiche, è la chiave per ridurre il disagio e migliorare la qualità della vita di chi vive con la demenza.

Superare la Crisi del Personale nelle Case di Riposo: L’Approccio Montessori alle Demenze Come Soluzione Innovativa

Le case di riposo e le strutture assistenziali sono oggi alle prese con una sfida enorme: la crescente domanda di assistenza per persone con demenza, combinata con una cronica carenza di personale sanitario. In questo scenario, trovare soluzioni pratiche ed efficaci per garantire un’assistenza di qualità è più urgente che mai. Una di queste soluzioni risiede nel rivoluzionario approccio Montessori, che, lontano dal tradizionale assistenzialismo, promuove la dignità, l’autonomia e il benessere delle persone anziane, anche in assenza di un numero adeguato di operatori.

La Carenza di Personale: Una Sfida Imminente

Con l’aumento delle persone affette da demenza e l’insufficienza di personale sanitario qualificato, le case di riposo rischiano di trovarsi in difficoltà nel garantire un supporto personalizzato. La qualità dell’assistenza spesso dipende dalla quantità di risorse umane, ma quando queste sono limitate, i servizi rischiano di ridursi, con ripercussioni sulla vita quotidiana degli ospiti.

Montessori per le Demenze: Un Cambiamento di Paradigma

Il metodo Montessori, originariamente sviluppato per l’educazione infantile, si sta rivelando un approccio estremamente efficace anche nell’assistenza alle persone con demenza. Al centro del metodo c’è la persona, la sua autonomia, le sue emozioni e la sua dignità. Contrariamente all’approccio assistenzialista tradizionale, che tende a ridurre l’autonomia dell’individuo, il metodo Montessori stimola la persona a interagire attivamente con l’ambiente circostante, a riconoscere e a valorizzare le sue capacità residue, favorendo il mantenimento delle sue funzioni cognitive e motorie.

Perché Montessori è la Risposta alla Carenza di Personale

Quando il numero di operatori è insufficiente, non è più sufficiente basarsi su un’assistenza puramente passiva. Montessori offre una soluzione pratica, che permette agli operatori di essere più efficienti, anche se pochi, in quanto il metodo consente di lavorare in modo mirato ed empatico. Le attività progettate secondo Montessori, come giochi sensoriali, lavori manuali, conversazioni focalizzate e attività quotidiane, non solo stimolano le capacità cognitive e motorie, ma promuovono anche un senso di realizzazione e autonomia che aiuta a ridurre il bisogno di assistenza continua.

L’approccio Montessori permette di organizzare l’ambiente in modo da facilitare l’indipendenza, utilizzando strumenti semplici ma altamente efficaci, come schede di attività, promemoria visivi, e spazi strutturati. Così facendo, anche un personale ridotto può gestire con maggiore efficacia una varietà di esigenze individuali, alleviando il carico di lavoro e aumentando la qualità dell’assistenza.

L’Autonomia e la Centralità della Persona

Una delle principali sfide nell’assistenza alle persone con demenza è preservare la loro identità e dignità. Il metodo Montessori per le demenze pone l’accento sulla valorizzazione delle capacità residue e sulla personalizzazione dell’assistenza, riconoscendo ogni individuo come unico. Attraverso attività pratiche e stimolanti, la persona mantiene il controllo su piccoli aspetti della propria vita quotidiana, come vestirsi, mangiare e partecipare alla cura di sé.

Questo approccio non solo migliora l’autosufficienza degli ospiti, ma crea anche un ambiente di fiducia, riducendo il rischio di ansia, frustrazione e comportamenti problematici legati alla perdita di memoria. Il coinvolgimento attivo e il rispetto per le capacità individuali favoriscono un benessere psicologico che va oltre il semplice trattamento medico.

Una Soluzione Formativa per il Personale

Per fare in modo che il metodo Montessori sia implementato con successo, è essenziale che il personale socio-sanitario riceva una formazione adeguata. Ma questo non è solo un vantaggio per gli ospiti: una formazione efficace consente agli operatori di sentirsi più competenti e soddisfatti del loro lavoro. Il metodo Montessori offre infatti strumenti che permettono di lavorare in modo più focalizzato e meno stressante, consentendo di affrontare le difficoltà quotidiane con maggiore serenità e capacità.

La Prospettiva di un Futuro Migliore

L’adozione del metodo Montessori nelle case di riposo non è solo una risposta alla carenza di personale: è una vera e propria rivoluzione culturale nell’assistenza agli anziani. Fornendo strumenti pratici e mettendo la persona al centro, questo approccio risponde a una necessità urgente di migliorare la qualità della vita degli ospiti, indipendentemente dalle risorse a disposizione.

Investire nella formazione degli operatori e nell’adozione del metodo Montessori non è solo un’opportunità per migliorare il lavoro quotidiano nelle strutture socio-sanitarie, ma anche una chiara risposta alla crescente domanda di assistenza di qualità. In un periodo in cui le case di riposo sono messe a dura prova, Montessori rappresenta una strada percorribile per un’assistenza più dignitosa, umana e, soprattutto, sostenibile.

Montessori, Epigenetica e Retrogenesi: Una Nuova Frontiera per la Cura delle Demenze

Il dialogo tra pedagogia, neuroscienze ed epigenetica sta aprendo nuovi orizzonti nel campo dell’assistenza alle persone con demenza. In questo contesto, l’applicazione dei principi del metodo Montessori, tradizionalmente associati all’educazione, sta emergendo come un approccio innovativo per migliorare la qualità della vita di chi affronta il declino cognitivo. Quando uniamo questo metodo a concetti come la retrogenesi e le scoperte dell’epigenetica, otteniamo una visione integrata e profondamente umana che si fonda su scienza e cura.

Maria Montessori ha sviluppato un metodo educativo che valorizza l’autonomia e il rispetto per il ritmo individuale. Applicare questi principi al contesto della demenza significa creare ambienti e attività che stimolino le capacità residue del paziente, promuovendo autonomia e dignità. Anche nelle fasi più avanzate della malattia, piccole conquiste quotidiane, come partecipare a un’attività semplice e significativa, possono restituire senso di appartenenza e autostima.

La teoria della retrogenesi descrive come le persone affette da demenza attraversino un processo di regressione cognitiva che segue un percorso inverso rispetto allo sviluppo infantile. Comprendere questa dinamica è fondamentale per scegliere le modalità di interazione più adeguate, riducendo frustrazione e conflitti. Il metodo Montessori, con la sua attenzione a stimoli appropriati all’età mentale e al livello di capacità, si adatta perfettamente a questo contesto.

L’epigenetica, lo studio di come l’ambiente e le esperienze influenzano l’espressione dei geni, sottolinea l’importanza del contesto in cui vive una persona. Nelle demenze, questo significa che un ambiente stimolante e relazioni empatiche possono influenzare positivamente il benessere del paziente, persino rallentare alcuni aspetti del declino cognitivo. Creare un’atmosfera montessoriana, in cui ogni dettaglio – dagli oggetti utilizzati ai toni della comunicazione – è progettato per favorire serenità e stimolazione, rappresenta una vera applicazione pratica di questi principi.

Quando Montessori, epigenetica e retrogenesi si incontrano, nascono opportunità straordinarie per rivoluzionare l’approccio alla cura delle persone con demenza. Questo approccio integrato invita gli operatori a vedere non solo la malattia, ma la persona nella sua interezza: i suoi bisogni, le sue emozioni, il suo potenziale inespresso.

La scienza ci insegna che anche nel declino possono esserci spazi di crescita e relazione. Il metodo Montessori, arricchito dalle conoscenze moderne della retrogenesi e dell’epigenetica, offre una guida preziosa per rendere questi spazi significativi e umanizzanti.

Questo approccio non rappresenta solo un metodo di cura, ma un cambiamento di prospettiva: il riconoscimento che ogni momento, anche nei percorsi di fragilità, può essere ricco di dignità, relazione e scoperta.

Bibliografia: 

Avoncelli Anita, Intuizioni montessoriane per le demenze, Maggioli editore, 2021

Avoncelli Anita: Montessori abbraccia le demenze. Manuale per operatori sulla relazione, s-contenzione, libertà, Maggioli editore, 2020

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Perché Montessori nelle demenze?

La pedagogia Montessoriana è un approccio educativo sviluppato dalla dottoressa Maria Montessori più di cento anni fa, che si basa sull’osservazione, il rispetto e la valorizzazione delle capacità individuali di ciascun bambino. Tuttavia, i principi montessoriani sono stati adattati anche per lavorare con adulti, in particolare nelle persone affette da demenza. L’approccio Montessori per la demenza si concentra sul miglioramento della qualità della vita degli anziani, cercando di stimolare le loro capacità cognitive e mantenere l’autonomia il più a lungo possibile, rispettando la loro dignità e individualità.

Principi dell’approccio Montessori per la demenza:

  1. Attività personalizzate: Vengono proposte attività che si adattano alle capacità e agli interessi dell’individuo, senza forzare prestazioni superiori a quelle che la persona può raggiungere. L’idea è quella di mantenere la persona impegnata e soddisfatta, prevenendo la noia o l’ansia.
  2. Sostegno positivo: Le persone con demenza sono incoraggiate a partecipare attivamente senza essere giudicate. L’approccio evita l’uso di punizioni o frustrazioni, ma piuttosto si concentra sul rinforzo positivo.
  3. Promozione dell’autosufficienza: L’approccio Montessori aiuta a preservare l’autonomia dei pazienti, incoraggiandoli a svolgere attività quotidiane come vestirsi, mangiare e curare se stessi, compatibilmente con le loro capacità. Questo aiuta a mantenere un senso di controllo e dignità.
  4. Semplicità e chiarezza: Le attività proposte sono semplici, strutturate e ripetitive, in modo che le persone possano seguirle con facilità. Vengono utilizzati oggetti e materiali familiari che stimolano i sensi e favoriscono l’interazione.
  5. Integrazione di tutte le capacità: Anche se alcune funzioni cognitive possono essere compromesse dalla demenza, molte altre capacità (come la memoria procedurale o le abilità motorie) possono ancora essere attive. L’approccio Montessori cerca di stimolare queste capacità, per esempio, attraverso attività manuali o interazioni sociali.

Esempi di attività Montessori per persone con demenza:

  • Giardinaggio: Lavorare con le mani, prendersi cura delle piante o fare piccoli lavori di giardinaggio può stimolare il senso di soddisfazione e legame con l’ambiente.
  • Attività artistiche: Disegnare, dipingere o manipolare argilla, che non solo favoriscono la creatività, ma anche la coordinazione motoria.
  • Raccontare storie o ascoltare musica: Le attività che stimolano la memoria emotiva, come l’ascolto di canzoni familiari o la lettura di storie, possono evocare ricordi e promuovere il benessere emotivo.
  • Esercizi pratici: Attività come piegare i vestiti, ordinare oggetti o dare da mangiare agli animali possono stimolare la routine quotidiana e l’autosufficienza.

Benefici:

  • Miglioramento della qualità della vita: Le attività che stimolano la persona e la fanno sentire utile contribuiscono al benessere psicologico e fisico.
  • Rinforzo della memoria: Le attività pratiche possono stimolare la memoria procedurale e altre capacità cognitive.
  • Riduzione dell’aggressività e dell’ansia: Un ambiente stimolante e strutturato aiuta a ridurre la frustrazione, che è spesso associata alla demenza.
  • Preservazione dell’autonomia: Le persone con demenza possono continuare a sentirsi in grado di fare cose in modo indipendente, sebbene con l’assistenza appropriata.

In sintesi, l’approccio Montessori per la demenza non solo offre un’alternativa alle tradizionali pratiche assistenziali, ma incoraggia anche l’autosufficienza, il rispetto e la partecipazione attiva, migliorando la qualità della vita delle persone anziane affette da demenza.

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Demenza giovanile

La Demenza Giovanile: Un Fenomeno Emergente

La demenza giovanile è una condizione rara e spesso fraintesa, che riguarda individui sotto i 65 anni, un’età in cui la demenza è tradizionalmente associata alla senilità. Mentre la demenza viene generalmente vista come un disturbo legato all’invecchiamento, una crescente consapevolezza sta facendo luce su forme di deterioramento cognitivo che si manifestano in età precoce. Questo fenomeno, sebbene meno comune, sta diventando un’importante area di ricerca e preoccupazione nella medicina neurologica e nella psichiatria.

Cos’è la Demenza Giovanile?

La demenza giovanile, nota anche come “demenza precoce”, è una condizione neurodegenerativa che colpisce persone più giovani, spesso tra i 30 e i 60 anni. Essa implica un declino significativo delle funzioni cognitive, che può includere perdita della memoria, difficoltà di linguaggio, disorientamento spaziale e cambiamenti nel comportamento. La demenza giovanile può essere causata da vari fattori, tra cui malattie genetiche, lesioni cerebrali traumatiche, infezioni o disturbi neurodegenerativi rari come la demenza frontotemporale e la malattia di Alzheimer precoce.

Le Cause della Demenza Giovanile

Esistono diverse cause che possono portare alla demenza in età giovane, alcune delle quali sono ereditarie, mentre altre derivano da malattie acquisite. Le cause principali includono:

  1. Malattia di Alzheimer precoce: Sebbene la malattia di Alzheimer sia comunemente associata agli anziani, in alcuni casi può manifestarsi prima dei 65 anni. Questo tipo di Alzheimer è più aggressivo e progredisce rapidamente.
  2. Demenza Frontotemporale (FTD): La FTD è una delle forme più comuni di demenza giovanile, che colpisce soprattutto la parte del cervello responsabile della personalità, del comportamento e del linguaggio. I sintomi principali includono cambiamenti nel comportamento sociale, disinibizione e difficoltà nel linguaggio.
  3. Malattia di Huntington: Questa è una malattia genetica che causa il deterioramento progressivo delle cellule cerebrali, portando a movimenti incontrollabili, disturbi psicologici e demenza. Può esordire in età relativamente giovane.
  4. Trauma cranico: Lesioni cerebrali traumatiche, come quelle derivanti da incidenti stradali o sportivi, possono aumentare il rischio di sviluppare disturbi cognitivi a lungo termine, inclusa la demenza.
  5. Infezioni cerebrali o malattie autoimmuni: Alcune infezioni e malattie autoimmuni possono danneggiare il cervello e portare a un rapido declino cognitivo.
  6. Disturbi metabolici o carenze vitaminiche: La malnutrizione, le carenze di vitamine come la B12, o malattie metaboliche rare possono causare deterioramento cognitivo e sintomi demenziali.

Sintomi e Diagnosi

I sintomi della demenza giovanile possono variare a seconda della causa, ma generalmente includono:

  • Perdita di memoria: Difficoltà a ricordare eventi recenti o informazioni quotidiane.
  • Difficoltà nel linguaggio: Avere problemi a trovare le parole giuste o a comprendere frasi complesse.
  • Cambiamenti nel comportamento e nella personalità: Diventare impulsivi, irritabili o socialmente inappropriati, con una tendenza a isolarsi.
  • Problemi motori: In alcune forme di demenza giovanile, possono comparire difficoltà nei movimenti, tremori o rigidità.
  • Difficoltà nell’orientamento: Disorientamento spaziale, confusioni su dove ci si trova o su come arrivare a un luogo familiare.

La diagnosi di demenza giovanile è complessa e richiede una valutazione neurologica approfondita, che include esami di imaging cerebrale (come la risonanza magnetica o la tomografia a emissione di positroni), test neuropsicologici e analisi genetiche quando sospettato un disturbo ereditaria. È fondamentale un intervento precoce, poiché un trattamento tempestivo può rallentare il decorso della malattia e migliorare la qualità della vita del paziente.

Il Trattamento e le Sfide Sociali

Purtroppo, non esiste una cura definitiva per la demenza giovanile, ma ci sono trattamenti che possono alleviare i sintomi e rallentare la progressione della malattia. I farmaci, come gli inibitori delle colinesterasi per la malattia di Alzheimer o gli antidepressivi per gestire i cambiamenti emotivi, possono essere utili. Inoltre, la terapia cognitivo-comportamentale e il supporto psicologico sono fondamentali per migliorare la qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari.

Uno degli aspetti più difficili della demenza giovanile è l’impatto sociale. I giovani con demenza spesso affrontano una diagnosi che li rende socialmente invisibili, poiché la condizione è generalmente associata agli anziani. Inoltre, i familiari devono affrontare enormi difficoltà emotive e pratiche, come il cambiamento dei ruoli familiari e la necessità di prendersi cura di una persona che prima era indipendente.

Conclusione

La demenza giovanile è una realtà emergente che richiede maggiore attenzione da parte della comunità medica, sociale e politica. La consapevolezza crescente su questa condizione è fondamentale per garantire diagnosi tempestive, trattamenti adeguati e supporto alle famiglie. Sebbene i progressi nella ricerca stiano dando speranza, la strada per una cura definitiva è ancora lunga. L’importanza di sensibilizzare sulla demenza giovanile rimane cruciale, poiché può migliorare il sostegno e la qualità della vita delle persone colpite.

La libertà non ha età

GERIATRA A DOMICILIO: Collaborazione con il Dott. Valerio Benori

In questi anni molte volte i familiari o realtà, mi hanno contattato chiedendomi un intervento in ambito educativo, cognitivo o domiciliare.

Spesso è emersa la necessità di collaborare con validi professionisti che hanno una visione della persona a livello completo, uscendo anche dall’aspetto solo sanitario, innescando un intervento il più specifico possibile.

La dott.ssa Avoncelli Anita ha iniziato a collaborare con il Dott. Valerio Benori, geriatra che presta servizio sia a livello ambulatoriale che domiciliare e che sposa il modello Montessori nel campo delle demenze.

Conoscere una famiglia è entrare in punta di piedi nella vita dei suoi membri, tutto ciò rappresenta il primo passo per una cura che mette veramente al centro la persona.

Alla pagina PARTNER trovate il suo riferimento: https://www.avoncellianita.it/partners/

La formazione non è un costo ma un investimento

Risulta sempre più urgente, tornare ad investire su un processo di apprendimento, che non si esaurisce ad una certa età o con il raggiungimento di una certa posizione professionale, ma la formazione continua permette di acquisire nuove conoscenze,  utili a valorizzare la professionalità nel presente e nel futuro, a qualunque punto della carriera ci si trovi.

La formazione dovrebbe essere sempre più vista in modo lungimirante, ovvero come un vero e proprio investimento del capitale umano, azienda o struttura che sia, soprattutto quando si parla di realtà che operano con altre persone.

Dopo il periodo Covid si assiste invece ad una fuga sempre più rilevante del personale socio sanitario nel campo dell’assistenza?

Il poco riconoscimento è sicuramente una componente importante. Si vuole veramente fare qualcosa per invertire tale tendenza?

Pensiamoci e torniamo ad investire nel capitale umano, per oggi, ma soprattutto per domani.

Nuova stagione Nuovi corsi

Siamo lieti di informarvi che stiamo pianificando i nuovi corsi per la prossima stagione:

autunno inverno 2024

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Con molte novità soprattutto sul tema del disturbo del comportamento, come gestire le situazioni più critiche, come attivare il cambiamento nella propria équipe.

Se sei un professionista o una struttura ti aspettiamo.

Stiamo raccogliendo le tue preferenze, che cosa ti aspetti dal corso, che cosa senti come bisogno formativo.

A tutto questo cercheremo di dare una risposta

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Perché Montessori nelle demenze?

Il Programma Montessori per la Demenza (MPD) offre un approccio innovativo e sensibile per affrontare le sfide legate alla demenza, concentrandosi sulla preservazione e il rinforzo delle capacità residue delle persone affette da questa condizione. Integrando i principi della didattica montessoriana, il MPD si basa su una serie di strategie mirate e attività strutturate che si adattano alle esigenze e al livello di compromissione cognitiva del singolo paziente.

Gli studi  evidenziano l’efficacia e la versatilità del Programma Montessori per la Demenza (MPD) in diversi contesti e con diversi gruppi di persone coinvolte nella cura e nel supporto dei pazienti affetti da demenza.

1. **Coinvolgimento del paziente in attività personalizzate**: Centrare le attività sulle preferenze e sui bisogni del paziente porta a una maggiore attivazione e a un aumento degli atteggiamenti positivi. Questo approccio favorisce il coinvolgimento attivo del paziente nel perseguire obiettivi collegati ai propri bisogni, migliorando il successo degli interventi.

2. **Miglioramento delle relazioni familiari**: Il coinvolgimento dei familiari nel MPD durante le visite ai propri cari ricoverati in case di riposo può contribuire a ridurre lo stress percepito dai caregiver, migliorando la qualità della vita percepita sia da parte dei familiari che dei pazienti. Questo porta a una valutazione più positiva delle relazioni e può ridurre il senso di colpa e il risentimento associati alla malattia.

3. **Formazione del personale residenziale**: La formazione del personale che lavora con persone affette da demenza nelle strutture residenziali può aumentare la soddisfazione del personale e migliorare la capacità di prevenire comportamenti aggressivi. Questo porta a un ambiente più positivo e caldo per i pazienti, migliorando la qualità complessiva dell’assistenza.

4. **Ruolo del paziente-leader**: Coinvolgere i pazienti ai primi stadi di demenza come “pazienti-leader” può avere diversi benefici, tra cui aumentare l’autostima e l’autoefficacia del paziente stesso, facilitare la trasmissione di conoscenze e abbattere le barriere intergenerazionali. Questo approccio valorizza il ruolo del paziente nella società e contribuisce alla sua integrazione e partecipazione attiva.

Complessivamente, il MPD offre un approccio olistico e centrato sulla persona per affrontare le sfide associate alla demenza, coinvolgendo attivamente pazienti, familiari e operatori sanitari per migliorare la qualità della vita e promuovere un ambiente di cura più empatico e inclusivo.

In definitiva, il MPD si propone di migliorare la qualità della vita dei pazienti con demenza, offrendo loro opportunità significative di partecipazione e stimolazione cognitiva, mentre fornisce supporto e sollievo ai loro caregivers. Questo approccio si distingue per la sua enfasi sull’empatia, sull’individualizzazione delle attività e sull’uso di strategie non farmacologiche per affrontare i sintomi della demenza.

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