Riflesso negli occhi di un altro, il bambino può conoscere se stesso e la sua identità. Di conseguenza, la condivisione e il riconoscimento della sua immagine fotografica gli forniscono un’ulteriore opportunità nella sua ricerca di identità e riconoscimento, gli danno una conferma di se stesso e della sua individualità.[1]
La fotografia fornisce a tutte le persone, indistintamente dall’età, una possibilità migliore di essere visti e riconosciuti, ma soprattutto di riconoscersi. La scelta di una foto da mostrare è l’immagine che scegliamo per mostrarci ovvero come vogliamo essere visti. Le immagini hanno un potere immenso, perché la fotografia che ci viene mostrata è un dono, una finestra che ci permette di vedere chi abbiamo di fronte.
Le fotografie sono un legame con il nostro passato e ci forniscono forse l’illusione di una sorta di controllo sul divenire ma soprattutto una conferma di ciò che siamo stati, di ciò che eravamo, del fatto che siamo esistiti e come abbiamo vissuto e quindi un ottimo mezzo di comunicazione.
Permettere ad una persona, in particolare con demenza, di ricostruire la sua identità attraverso l’uso della fotografia, come possibilità di veicolo di quell’immagine che ha dentro di sé, ma per la malattia non è più in grado di mostrare ma solo di sentire forte dentro il suo corpo, la sua mente, il suo cuore, rappresenta un utile modello di intervento e di accoglienza nel momento in cui ci prendiamo sulle spalle e quindi ci assumiamo la responsabilità come équipe di chi abbiamo di fronte. [3]
Vedere una foto, permette di superare la visione limitante di un elenco clinico, ma accogliere realmente quella persona con la sua storia e la sua identità, ma soprattutto come vuole essere accolta, trattata, rispettata.
La fotografia rappresenta un ponte tra un io ed un tu e ci invitano a pensare, a conservare un ricordo vivo del passato che il tempo altrimenti cancellerebbe.
Accogliere una persona attraverso la fotografia e di tutte quelle informazioni che ci possono definire quella famiglia, non è solo accogliere una biografia attivare una cura immediatamente più dignitosa, più umana, proprio perché si coglie la sua unicità.
Solo se riusciamo a costruire uno spazio, un nucleo, un ambiente in cui la persona affetta da demenza ha la possibilità di dedicarsi a ciò che lo fa stare bene, allora potremmo dire che quel ambiente funziona sufficientemente bene.
La logica dell’accompagnare e non di ostacolare il processo di crescita descritto da Montessori deve essere applicata anche alla persona con demenza, tenendo conto che prima e oltre alla malattia risiede una persona.[2]
Questa è solo una piccola parte di ciò che significa approcciarsi in modo sistemico alla persona con demnza attraverso il Modello Montessori Sistemico.
Di tutto questo e molto di più ne parleremo nel prossimo corso che si svolgerà a Milano venerdì 17 e sabato 18 settembre 2021, per informazioni ed iscrizioni: info@avoncellianta.it
[1] Berman L., La fototerapia in psicologia clinica, metodologia e applicazioni, Edizioni Erickson, Trento, 1997
[2] Avoncelli A., Intuizioni montessoriane per la demenza, una nuova visione di cura, Maggioli Editore, Bologna, 2021
[3]Avoncelli A., Montessori abbraccia le demenze, Maggioli Editore, Bologna, 2021
TRATTO DA:
AVONCELLI ANITA
MONTESSORI ABBRACCIA LE DEMENZE Maggioli 2021
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